Archivi categoria: sociologia

Sui diritti d’autore di uno scatto iconico

Un interessante articolo di Maurizio Rebuzzini, sul n° 280 del magazine “FOTOgraphia” sulla famosa foto di Tony Gentile che ritrae Flacone e Borsellino. Un’icona del nostro tempo che viene utilizzata in più occasioni senza che vengano riconosciuti la paternità ed in diritto d’autore.
Un articolo da leggere.
Nell’immagine a corredo un’immagine sfocata nel rispetto del diritto d’autore e la copertina del magazine.

Creò una comunità

Le allieve dei workshop di Letizia Battaglia raccontano la Maestra in un bell’articolo di Alessia Candito sull’edizione siciliana di “La Repubblica” di oggi.
Riporto la notizia nel post per permettere agli estimatori di questa storica artista siciliana di poter conoscere la passione che metteva nel conoscere le persone.

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Gli esperti sul futuro delle storie in immagini

Per la Giornata mondiale della narrazione del mese scorso, i creatori di Canon hanno condiviso il loro previsioni per le tendenze che vedremo nella prossima generazione in un video online (con sottotitoli in italiano) che ho inserito nel post.
L’impiego dell’intelligenza artificiale, le divulgazione tramite i social network, le maggiori esigenze dei fruitori e l’aumento delle storie locali influiranno sul prodotto e sulla produzione verso un mondo ancor di più digitale.

Alla ricerca del gusto

Con l’arrivo della pandemia e delle restrizioni vissute ho ritrovato una delle mie vecchie passioni: la cucina tradizionale.
Certo che per il nostro benessere ci stiamo nutrendo di cibi salutari e ci siamo allontanati dalle vecchie tradizioni per ridurre le problematiche che scaturiscono da una alimentazione ricca di zuccheri, grassi, sale e spezie varie. Ma non sempre la cucina popolare è qualcosa che fa male. “U picca non basta e u troppu suvecchia” si dice dalle nostre parti (tradotto: “il poco non basta, ma il troppo è spesso eccessivo [o eccedente]”), quindi è opportuno sapersi controllare.
In passato ci cibavamo di prodotti locali in un periodo dell’anno diverso dagli altri. Questo permetteva ad i nostri nonni di mantenere un corretto equilibrio.
Con l’arrivo della “globalizzazione” rischiamo di assumere alimenti che alle origini non facevano così male in quanto inquadrati in una alimentazione più o meno bilanciata. Oggi con i mix che generiamo rischiamo veramente di strafare.
Così come il primo album fotografico “Food Photography da quarantena” ho deciso di proseguire con il progetto “Alla ricerca del gusto” ed anche in questo caso non si tratta di una vera e propria “food photography”, ma di una raccolta di scatti che servono a mantenere viva la tradizione.
Chiaramente sono scatti lontani nel tempo e non il risultato dello stesso pasto o della dieta settimanale.
Ho voluto avviare la raccolta di scatti (progetto) dal salame Sant’Angelo IGP uno degli alimenti che mi piace maggiormente.
Il prodotto ha una storia molto antica. Nell’XI secolo, infatti, i Normanni introdussero nuovi usi nel territorio siciliano tra cui la carne suina, in contrapposizione alle consuetudini imposte dai dominatori arabi per i quali l’uso della carne di maiale era proibito.
Nel tempo, Sant’Angelo di Brolo (ME) è stato custode geloso di una tradizione unica in Sicilia. La riprova si legge in numerosi documenti tra cui una delibera della metà del XIX secolo, che introduceva il “balzello” (bazzeddu in siciliano), una imposta sulle produzioni di maggior interesse economico, fra le quali il salame.
Negli stessi anni si può trovare anche l’introduzione del “Rivelo“, una pratica simile ad una odierna autocertificazione, che obbligava i produttori a dichiarare sia il luogo di conservazione del salame che le quantità prodotte.
Il Salame S. Angelo IGP è un prodotto di salumeria, insaccato, a grana grossa, la cui zona di produzione è situata nel territorio del comune di Sant’Angelo di Brolo in provincia di Messina, nella regione Sicilia.

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La socializzazione difficile

Ho letto nei giorni scorsi un articolo del “The Wall Street Journal” a firma di Julie Jargon dal quale emerge che “dopo l’isolamento pandemico, le teste rimangono bloccate nei telefoni, spingendo gli sforzi per alimentare la conversazione”.
Gli Docenti universitari sono preoccupati da questa condizione e provano a facilitare la conversazione nelle loro aule in quanto ritengono che gli studenti rischiano di non essere preparati per entrare nel mondo del lavoro.
L’articolo, a mio parere, ha trattato uno dei problemi della nostra Società in questo momento storico che la pandemia ha accentuato.
Già a settembre del 2019, prima della pandemia, scrivevo in un post di aver notato quattro ragazzi seduti sul muretto con la loro birra accanto tenevano in mano il cellulare. In un fine pomeriggio estivo due ascoltavano musica (ognuno un brano diverso) e due chattavano; nessuno di loro stava con lo sguardo sul tramonto o dialogava con i presenti e l’unica gestualità che ho potuto apprezzare è stata la mano che si tendeva a prendere la bottiglia di birra dal muretto.
Certo la pandemia prolungata ha accentuato le interazioni online, ma ritengo che sia da un poco che per i ragazzi è più difficile avviare conversazioni e fare amicizia.
Impressionante quanto riferito dalla giornalista del quotato giornale statunitense che scrive dell’intervista fatta da ricercatori di tre università a quasi 33000 allievi dei college nella quale si evidenzia che due terzi di questi ragazzi stavano lottando con solitudine.
Anche su “Panorama” ho letto il reportage a firma di Terry Marocco (“La generazione tradita”) del crescente disagio vissuto dai giovani.
Credo che ciò che i giovani stanno provando in più parti del mondo meriti una maggiore attenzione e progetti mirati per evitare che questi problemi sfocino in seri disturbi mentali (anche se l’ultimo rapporto UNICEF afferma che un adolescente su sette già ci convive).

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Povertà o cleptomania

Signore, faccia attenzione, sta prendendo per errore un acquisto di un altro cliente” disse la cassiera, guardando l’anziano acquirente.
Sa a volte mi confondo” ebbe come risposta dall’uomo che prese gli occhiali per pulirli.
Signore, quel prodotto non è suo” bacchettò l’impiegata rivolgendosi allo stesso consumatore .
Sa pensavo l’avesse acquistato mi moglie, io dò soltanto un aiuto a riempire il carrello” rispose quasi mortificato l’uomo.
Riempito il carrello l’uomo si attardò all’uscita controllando a meno di un palmo dal naso lo scontrino fiscale.
Pagata la mia spesa anch’io mi recai fuori a sistemarla nel cofano dell’auto; per farlo presi le buste e cominciai a suddividere i prodotti acquistati.
L’uomo avanti negli anni si fermò accanto ai miei pacchi per allacciarsi le scarpe, lo fece ed andò lentamente via.
Giunto a casa mi preoccupai di mettere a posto gli acquisti e fu li che mi accorsi che ne mancava uno. Il vecchio signore non aveva mollato l’osso.
È chiaro che in un periodo in cui il caro-vita sta piegando tante persone, ho pensato che il vecchietto poteva averne bisogno.
Ma ne aveva bisogno veramente o si trattava soltanto di cleptomania?
La cleptomania è caratterizzata dall’impulso a rubare e dall’incapacità di fermarsi, che può essere impulsiva. Le persone con questa malattia sperimentano pensieri e impulsi invadenti associati al taccheggio. Gli oggetti che rubano sono in genere non necessari e vengono accumulati o buttati dopo esserne entrati in possesso. Purtroppo chi viene “alleggerito” se ne rende conto soltanto a casa quando non trova più quanto acquistato anche se il prezzo se lo ritrova nello scontrino.
Non saprò mai se quella mostrata dal “vecchietto” è povertà o cleptomania; mi auguro soltanto che il piccolo prodotto sottratto gli possa tornare utile e che non venga assalito dal rimorso.

Le festività non sono poi così male

Eh si, ci stiamo velocemente tuffando nel clima natalizio, il periodo dell’anno che mette maggiormente a rischio la linea e la salute a causa dei pranzi e dei cenoni delle festività, ricchi di grassi, zuccheri e calorie, con i conseguenti disturbo.
Lo scorso anno per le restrizioni dettate dalla pandemia siamo usciti parzialmente indenni dal “magna-magna” ma il rischio dietro l’angolo è quello psicologico con i molteplici fattori di stress.
Per sopravvivere al periodo di attesa e successiva festività, credo sia opportuno tenere a mente ciò che l’ovvietà ci fa cadere dalla mente:
CALMA – legati agli impegni quotidiani, ma col pensiero agli acquisti o al tempo che si sta impiegando, rischiamo di perderla. Il nostro impegno deve portarci a mantenerla.
SCEGLIERE LE BATTAGLIE – è perfettamente inutile litigare per il regalo da fare. Considerando che io sono stato sempre distaccato da questi problemi (credo sia opportuno fare il regalo quando il destinatario non se lo aspetta e farlo felice per la sorpresa) non credo che incorrerò in questa difficoltà.
FARE COSE PIACEVOLI – amo leggere anche in digitale, consiglio anche a voi lettori del mio blog di tenere sempre a portata di mano qualcosa di piacevole da fare quando l’aria si surriscalda.
CONNESSIONE – possiamo vivere tranquillamente lontani dai social, il mondo non si fermerà se non abbiamo connessione o se ci manca il tempo per collegarci.
SOFFERENZA COLLETTIVA – ricordiamoci che questo periodo di stress legato alle festività è condiviso, quindi non dobbiamo pensare che gli altri non stiano soffrendo, è probabile che stiano peggio di noi.
LONTANI DAGLI SPETTRI DELLE VACANZE – se a causa delle restrizioni non si riuscirà a fare le vacanze desiderate, soffermiamoci su chi le vacanze non potrà farle per motivi di lavoro o peggio ancora su chi il lavoro lo ha perso e si impegnerebbe persino la notte del 25 purché lavorasse.
ESSER GRATI – ricordiamoci di essere grati per ciò che abbiamo e non facciamoci schiacciare da ciò che ci manca.
Insomma le festività non sono poi così male se le affrontiamo con l’atteggiamento giusto.
P.S.: E se non aggiornerò con costanza il blog è perché non mi collegherò frequentemente, desidero gustare le festività con i miei e con chi mi sta vicino.
La foto a corredo del post è stata scattata da Francesco Tracuzzi.

Fare un viaggio significativo in questo periodo

Viaggiare in questo ultimo periodo sta diventando un serio problema. Con le restrizioni dettate dalla pandemia e quelle delle calamità naturali tutto sta diventando incerto e confuso.
Il risultato? Spesso si generano quell’ansia e quello stress che rischiano di farci compromettere un viaggio nel quale possono essere viste cose interessanti e persone diverse.
Per ridurre le demoralizzazioni si deve prestare la giusta attenzione alle misure di sicurezza, ma senza farsi travolgere dalle fobie. Si può essere più consapevoli evitando la sosta in corridoi o spazi ristretti, ascoltare la musica o i podcast preferiti sull’aereo o sul treno, prendere in considerazione tutti i lavoratori che si impegnano per offrirci il meglio, utilizzare la tecnologia per facilitare gli spostamenti evitando le soste per informazioni, scegliere gli orari meno affollati per vedere bellezze artistiche o altri luoghi aperti al pubblico, migliorare la nostra pazienza negli imprevisti.
Si può viaggiare prendendosi cura di noi stessi e degli altri, ma preparati in anticipo, utilizzando la tecnologia per essere il più organizzati possibile, semplificando i nostri processi e aumentando la nostra considerazione e apprezzamento per gli altri.
Così si potrà fare una viaggio sano e significativo in maniera piacevole.

I fotoamatori stanno perdendo l’entusiasmo?

Da una recente ricerca è emerso che le foto delle vacanze condotte in famiglia sono in calo. Anche in estate, dopo aver esultato per quell’atteso “ritorno alla normalità”, sono calati gli scatti fotografici pure in presenza di manifestazioni. Così come è vero il timore che gli eventi potessero essere cancellati all’ultimo momento, è vero anche che è in calo il desiderio di tenere dei ricordi soprattutto negli over 55.
Anche le persone tra i 18 ed i 34 anni hanno ridotto il numero degli scatti limitandoli a percentuali vicine al 15% ed in occasione di eventi come la laurea o il diploma.
Ovviamente ogni territorio ha avuto una storia a se e ciò che si evince è una flessione totale, la quale da un lato ha messo in evidenza un numero minore di avvenimenti e dall’altro il calo di entusiasmo negli scatti.
Diciamo che gli scatti dei piedi che salutano l’orizzonte del mare inclinato non fanno sentire la loro mancanza dai social network, però il calo degli scatti in famiglia si perché potrebbe essere un segnale di una Società che cambia in modo demotivato, senza quel desiderio di tenere ricordo di eventi che con il passare del tempo potrebbero rappresentare un “buco nero” nella memoria.

Figli delle app

Sarà presentato martedì 5 ottobre, alle 19:00, nell’aula consiliare del comune di Spadafora (ME) il libro “Figli delle app” del sociologo Francesco Pira. L’evento, organizzato dalle psicologhe Valenina Sabino e Giusy Rasà e dall’Avvocato Rosa Nastasi dell’Associazione Attivamente da poco operativa a Torregrotta per accogliere i bisogni di natura giuridica e psicologica, è stato patrocinato dal Comune.
Il libro intende analizzare le trasformazioni in atto basandosi sui risultati delle ricerche condotte in ventitré anni di studio sull’evoluzione dei modelli comunicativi di preadolescenti e adolescenti prima e dopo l’avvento delle nuove tecnologie e la digitalizzazione della società.