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Gioco e Giochi nella fotografia

Interessante mostra promossa dal CICP – Centro Iniziative Culturali di Pordenone. Attraverso le immagini, il percorso espositivo – che si inaugura sabato 9 maggio, ore 17.30, nell’Auditorium Lino Zanussi del Centro Culturale Casa A. Zanussi di Pordenone, e resterà poi visitabile fino al 31 luglio – racconterà la storia del gioco grazie a immagini inedite, come i primi dagherrotipi, per arrivare poi alle produzioni digitali. Un racconto per immagini unico e inedito, con gli scatti di centinaia di autori, per restiture un mondo fatto di giocattoli, bambini, foto “in posa”, cartoline postali e altre suggestioni dell’infanzia di tutti noi. La mostra sarà visitabile a ingresso libero dal martedì alla domenica dalle 16.00 alle 19.00 (chiuso il 2 giugno e le domeniche di luglio).

Gioco e comunicazione nel bambino autistico

Osservazioni su gioco e comunicazione nel bambino autistico nella relazione di Antonio Rotundo diffusa in rete da Iva Zigghyova Martini che si conferma come valida fonte di risorse.

Giocare e praticare sport

Ho letto con piacere l’articolo “Giocare è una cosa seria”, scritto da Alessandra Fasola, pubblicato nel numero di maggio della rivista “FOCUS”.
Ad onor del vero leggo sempre con piacere e con periodicità abbastanza costante quanto pubblicato con i periodici “FOCUS” e “FOCUS STORIA”, due magazine che mi affascinano per gli argomenti trattati e per l’accuratezza con la quale vengono affrontate le tematiche proposte.
Mi piace parlare in particolare dell’articolo della Fasola per l’affinità con il mio lavoro di insegnante e di studente in psicologia.
Quello del gioco è un argomento caro a psicologi, sociologi e filosofi. Da Schaller a Bertin, passando da Huizinga che, nel 1938, ha considerato il gioco come un tratto fondamentale dell’uomo (come trattato in un mio precedente post), hanno trattato quella che sono le caratteristiche fondamentali del gioco: il piacere ed il divertimento (come ribadito nell’articolo dal professor Gianfranco Staccioli, pedagogista e docente di “Metodologie del gioco e dell’animazione” all’Università di Firenze).
L’attività ludica rappresenta uno stimolo e un allenamento mentale e psicologico, una risorsa molto potente perché basata sul “rinforzo positivo” dato dal piacere.
Un recente studio condotto dall’Istituto Max Planck di Berlino ha mostrato un significativo incremento delle capacità cognitive (orientamento spaziale, pianificazione strategica, memoria e abilità motorie) in un gruppo di adulti coinvolti in brevi sessioni quotidiane di Super Mario 64, mentre all’Università di Rochester (Usa) hanno dimostrato che “allenarsi” con giochi elettronici d’azione aumenta del 25 per cento la velocità nel prendere le decisioni e la capacita di valutare più stimoli contemporaneamente.
Allo stesso tempo il giocare è una formidabile palestra psicologica: Abitua a tollerare le frustrazioni, a elaborare strategie, a sviluppare l’abilita di problem-solving ed a collaborare con gli altri e soddisfa anche alcuni bisogni umani primari, come l’istinto ad affermarsi attraverso la sfida.
L’attività ludica, inoltre, può diventare lo schermo dietro a cui nascondere ossessioni, fobie o difficoltà di relazione.
I valori pedagogici del gioco appaiono fuori discussione. Ciò che desidero evidenziare, invece, è come nel 2014 ancora possa nascere confusione nel distinguere Educazione Fisica da gioco e sport.
Visto che sul gioco, prendendo spunto dal citato articolo, è stato chiarito molto, va ribadito che l’Educazione Fisica mira allo sviluppo di uno stile di vita più attivo delle persone, verso una dimensione autenticamente culturale, eclettica, olistica e permanente.
L’Agenda di Berlino (messa a punto durante il Summit mondiale dell’Educazione Fisica dell’ICSSPE del 1999) e la Dichiarazione sull’Educazione Fisica del 2000 hanno costituito le premesse per la stesura di un documento nel quale viene riaffermato il concetto di Educazione Fisica come diritto universale basato su valori di interdisciplinarità e di impegno sociale.
Lo sport, da parte sua, rappresenta l’insieme delle attività, individuali o collettive, che impegnano e sviluppano determinate capacità psicomotorie, svolte anche a fini ricreativi o salutari (Sabatini Coletti – Dizionario della Lingua Italiana). Tra le caratteristiche principali delle attività definite sportive troviamo l’uguaglianza nelle opportunità di gareggiare e nelle condizioni della competizione, la specializzazione dei ruoli, la razionalizzazione, l’organizzazione burocratica e la ricerca del record (Enciclopedia delle scienze sociali Treccani -1998).

Relazioni in gioco

Slide realizzate per l’Università degli studi di Cagliari nell’A.A. 2008-2009 dal Prof. Antonello Soriga in Metodologia del Gioco del lavoro di Gruppo e Animazione. Le slide sono state inserite in rete da Iva Zigghyova Martini.

Lo sviluppo del gioco nel bambino

Gli studiosi considerano il gioco un importante fattore di sviluppo perché permette al bambino di sperimentare prima e di consolidare poi nuove competenze sia cognitive sia socioaffettive …”
Seguiamo il percorso proposto in Psicologia dello Sviluppo dal Prof. P. Perucchini in queste slide inserite in rete da Iva Zigghyova Martini il cui materiale sta arricchendo questo blog.

Metodologia del gioco

Aspetti pedagogici, psicologici e sociologici del gioco proposti nelle slide tratte dal laboratorio didattico proposto dalla Dott.ssa Caterina Motta ed inserire in rete da Iva Zigghyova Martini.

Come rilevare le difficoltà attraverso il gioco

In queste slide, proposte in rete da Iva Zigghyova Martini, si affronta una tematica trattata dalla Dott.ssa Luciana Fenu in un corso di formazione Docenti tenuto a Brindisi, presso l’Istituto Tecnico Industriale Statale “G.De Giorgi”, il 12 febbraio 2008.

Il gioco, cibo per la mente e le relazioni

Alcune ricerche etologiche e psicologiche suggeriscono che il gioco è un potente mediatore per attivare apprendimento in ogni periodo della vita.
Esso, oltre a stimolare la formazione della personalità, migliora l’integrazione sociale.
Il gioco, oltre ad essere ambito di sviluppo della creatività, mantiene vive le emozioni, la capacità intellettuale e le relazionali sociali.
Teorie psicologiche hanno cercato di spiegare la ragione che spinge l’individuo a giocare. Tra queste vanno citate:

  • La teoria di Schaller; che, nel 1861, ha ipotizzato il gioco come riposo e come ricreazione.
  • La teoria di Spencer, che, nel 1890, ha interpretato l’attività ludica come uno sfogo di energia superflua.
  • La teoria di Hall, che, nel 1902, ha cercato di ricondurre il gioco a strumento di eliminazione di tutte le funzioni ataviche superflue.
  • La teoria di Claparéde; questi, nel 1920, ha formulato l’ipotesi che il gioco possa essere un’attività efficace per soddisfare i bisogni naturali e per permettere che i desideri diventino reali.
  • La teoria di Huizinga, che, nel 1938, ha considerato il gioco come un tratto fondamentale dell’uomo.
  • La teoria di Chateau, che, nel 1950, ha interpretato il gioco come attività espressiva dello slancio vitale dell’uomo.
  • La teoria di Bertin, che, nel 1955, ha rappresentato l’attività ludica come sfera dell’avventura estetica.

I sociologi contemporanei hanno visto nell’atteggiamento ludico anche un fenomeno capace di far evolvere la collettività nel senso della socializzazione.
Il “bisogno di giocare” permane nell’adulto manifestandosi con modalità e in misure diverse e trasformando le possibilità simboliche in attività creative di scrittura, sportive, musicali, artistiche e rispondendo alla voglia di confrontarsi e di mettersi alla prova sospendendo le conseguenze delle azioni, attraverso la cosiddetta “funzione di moratoria del gioco”. (Bruner J. e al.)
Il gioco è basilare per crescere anche quando si è cresciuti. Giocare e mettersi in gioco fa ritrovare la nostra vera anima, permette di ritrovarsi nell’intimo, aiuta ad allentare le tensioni, fa sentire vivi e pulsanti. È importante continuare a giocare, a qualunque età, per rilassarsi e per stare con gli altri.
Chissà se dopo questo post convincerò altri “adulti” a riprendere a giocare.