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Non rubate i ricordi ai posteri

L’album di famiglia è stato nel Novecento l’epicentro della pratica fotografica, ma al contempo un indispensabile supporto di memoria dei nuclei familiari.
Oggi al tempo dei social, travolti dalle tecnologie digitali e dai cambiamenti repentini della società, stiamo perdendo la nostra “memoria”.
Il classico album di foto di famiglia, spesso realizzato al rientro dalle vacanze con lo sviluppo del rullino a 24 pose (a volte più di uno), ci permetteva di rivivere quei momenti e trasmetterli alle generazioni successive.
Adesso è divenuto già molto difficile raggruppare tutti le immagini che sono state scattate, poi “faticoso” metterle in ordine e selezionarle ed “assolutamente impossibile” realizzare il “libro fotografico” che si può anche ordinare su Internet.
A volte diventiamo persino litigiosi (“questa scartala che sono venuta male” oppure “sistemala con un editing di immagini“, “perché la suocera tiene sempre i figli in braccio mostrando solo la loro testa da dietro?” E così via …).
Eppure siamo ancora felici quando guardiamo un vecchio album, senza preoccuparci dello scatto ci ha immortalati male o della leggera sovraesposizione perché avevamo montato un rullino con ASA da interno.
Non ci adoperiamo per trasmettere ai posteri quei momenti di vita, non facciamo nulla per migliorarci e tenere un ricordo ben composto come il classico brindisi con al centro il festeggiato e tutti i parenti con gli abiti tipici del periodo, ci teniamo solo a fare i selfie davanti alla granita o alla pizza per il nostro “pubblico” dei social. Ci adoperiamo per avere l’app più completa per renderci simili al noto attore o alla splendente modella.
Perdonatemi, vi sembrerò nostalgico, ma credo che i nostri figli/nipoti abbiano in diritto di conoscerci come siamo, di conoscere l’ambiente com’era al nostro periodo e come se lo sono ritrovato.
A coloro che fanno sparire gli album dei ricordi dopo il divorzio per cancellare la presenza dei genitori e degli avi desidero aggiungere che hanno fatto del male ai loro figli/nipoti. Personalmente trovo ancora piacevole ammirare i miei nonni sul calesse e sapere che erano i genitori dei miei che percorrevano strade non asfaltate o definite in pietra lavica, così come provo brividi a vedere uno dei nonni con la divisa da alpino nella prima guerra mondiale e mio padre con blusa e berretto da marinaio nella seconda.
Non rubate i ricordi ai posteri, realizzate album fotografici.
Gioco e interazione sociale
Interessanti slide pubblicate da Iva Zigghyova Martini (realizzate da Lucia D’Amato nel 2007) sul gioco e l’interazione sociale.
Le 10 regole del controllo sociale per Noam Chomsky
Il controllo sociale è l’insieme delle attività dirette a controllare e ad uniformare il comportamento degli individui in una società, facendo rispettare le norme e le aspettative del gruppo.
Secondo il pensiero di Noam Chomsky ci sono dieci regole per mistificare la realtà. Si tratta di un decalogo molto utile ed importante da tener bene a mente.
Le teorie della comunicazione di massa
Nelle fasi di studio alcuni argomenti colpiscono maggiormente l’attenzione. Nel proseguire la mia preparazione per gli esami di sociologia generale, ho deciso di pubblicare una porzione di quanto studiato. Ciò che riporto a seguire, quindi, non rappresenta un post a carattere scientifico redatto da un professionista.
Lo sviluppo moderno delle comunicazioni ha comportato un cambiamento complesso della civiltà, attraverso una vera e propria trasformazione tecnologico – culturale.
Grazie ai mezzi di diffusione molto potenti prodotti dal progresso tecnologico e al diffondersi delle condizioni di “massa”, si è sviluppata la cosiddetta comunicazione di massa.
La comunicazione di massa in realtà è sempre esistita, anche se in altri tempi era localizzata, circoscritta e con effetti limitati.
Con il termine massa si indica una serie di individui, il cui elemento di aggregazione è costituito da una predisposizione e anche da un interesse comune, elementi che consentono di collocare questi individui all’interno di una categoria specifica.
Le interpretazioni date ai fenomeni di massa sono state moltissime.
Gustave Le Bon afferma che l’uniformità degli atteggiamenti individuali che si registra nelle masse è frutto non tanto della vicinanza fisica o della presenza simultanea nello stesso luogo di più individui, quanto di una modificazione degli atteggiamenti che porta al prevalere nei soggetti di istinti immediati e incontrollabili rispetto a quello che deve intendersi come comportamento razionale.
Per Ortega y Gasset, “la massa è tutto ciò che non valuta se stesso, ma che si sente come tutto il mondo, e tuttavia non se ne angustia ma si sente a suo agio nel riconoscersi identico agli altri. essa travolge tutto ciò che è differente, singolare, individuale”.
Simmel ritiene che “la massa non si fonda sulla personalità dei suoi membri ma solo sulle parti che li accomunano. le azioni della massa tendono a raggiungere lo scopo tramite la via più breve, quindi sono dominate da un’unica idea”.
La comunicazione di massa è uno dei fenomeni più consistenti, con il quale la potenza del mezzo nel diffondere il messaggio si coniuga con il bisogno di estensione dell’IO nello spazio da parte degli individui nel tentativo di controllare la realtà.
I media, in tal senso, contribuiscono a costituire una nuova cultura, nella quale l’esperienza personale e la società rappresentata si mescolano, rendendo sempre più sfumati i confini tra il reale e l’immaginario e fornendo anche una nuova forma di ideologia costruita sul presente e sulla realtà quotidiana.
Thompson definisce la comunicazione di massa come “una serie di fenomeni emersi nel corso della storia, grazie allo sviluppo di istituzioni che hanno cercato di sfruttare nuove opportunità per raccogliere e registrare informazioni, per produrre e riprodurre forme simboliche, e per trasmettere informazioni e forme simboliche a una pluralità di destinatari in cambio di un qualche tipo di compenso finanziario. … utilizzerò l’espressione comunicazione di massa per indicare la produzione istituzionalizzata e la diffusione generalizzata di merci simboliche attraverso la fissazione e la trasmissione di informazioni e contenuti simbolici”.
Il pensiero sociologico: tappa 1 – Montesquieu
“Il posto occupato da Montesquieu nei fasti della Fama non potrà mai essergli revocato. Se egli ha avuto per detrattori quanti sono stati mossi dall’invidia e dalla superstizione, suoi ammiratori sono stati tutti coloro che rendono eminenti le virtù, i talenti sublimi.
La nostra generazione e quella che ci ha preceduto lo hanno posto, unanimi, nel novero dei grandi uomini, degli ingegni di prim’ordine, dei benefattori dell’umanità: ai posteri non rimane che l’onore di ratificare questa sentenza.” (Jean Paul Marat – Elogio di Montesquieu – 1785)
Nelle fasi di studio alcuni argomenti colpiscono maggiormente l’attenzione. Nel proseguire la mia preparazione per gli esami di sociologia generale, ho deciso di pubblicare una porzione di quanto studiato. Ciò che riporto a seguire, quindi, non rappresenta un post a carattere scientifico redatto da un professionista.
Charles-Louis de Secondat, barone de La Brède e di Montesquieu, meglio noto unicamente come Montesquieu (La Brède, 18 gennaio 1689 – Parigi, 10 febbraio 1755), è stato un filosofo, giurista, storico e pensatore politico francese. È considerato il fondatore della teoria politica della separazione dei poteri e una dei padri della sociologia in quanto ha avviato la conoscenza scientifica della realtà sociale.
Ne “Lo spirito delle leggi” egli tenta di rendere intelligibile la storia, di comprendere il dato storico che gli si presenta come una diversità quasi infinita di usi, costumi, leggi, istituzioni.
Giungerà ad un ordine ragionato in due modi:
- risalendo alle cause che hanno determinato l’andamento generale degli eventi (spiegando perciò il divenire)
- organizzando la diversità riportandola ad un piccolo numero di tipi o concetti.
Teoria politica
Distingue tre tipi di governo e li definisce in base ai concetti di natura (ciò che lo fa essere quel che è, la sua struttura) e principio (Il sentimento che deve animare gli uomini in quel tipo di governo perché esso funzioni) del governo:
1. la repubblica in cui il popolo detiene il potere; essa dipende dalla virtù intesa come rispetto delle Leggi e dedizione degli individui alla collettività.
2. la monarchia in cui uno solo governa ma secondo leggi fisse; essa dipende dall’onore inteso come rispetto nei confronti del rango.
3. il dispotismo in cui uno solo governa senza legge e determina tutto secondo la sua volontà; essa dipende dal timore
Ciascuno dei tre tipi risponde ad una certa dimensione della società considerata (l’importanza di Montesquieu, è evidenziata nell’aver combinato l’analisi dei regimi con quella del tipo di società):
1. la repubblica può esistere solo in un piccolo territorio,
2. la monarchia ha bisogno di uno Stato medio,
3. un grande impero suppone un’autorità dispotica in chi lo governa.
Decisivo è il concetto che la vita sociale si diversifica in relazione al modo in cui è esercitato il potere: nella repubblica l’organizzazione è fondata sull’uguaglianza, nella monarchia sulla disuguaglianza (sebbene il bene della collettività sia assicurato e l’autorità è esercitata secondo le leggi e la moderazione), nel dispotismo si torna all’uguaglianza, ma fondata nella paura, sull’arbitrarietà e sulla violenza.
Analizza in particolare la forma di governo inglese che vede come garanzia di libertà; garanzia che proviene dalla separazione dei poteri legislativo (alle due camere), ed esecutivo (al re che garantisce rapidità di azione e decisione).
Allo stesso modo vede nelle rivalità tra le classi una fonte di equilibrio di poteri.
In sostanza egli sostiene che la condizione del rispetto delle leggi e della sicurezza dei cittadini risiede in un potere che non sia illimitato.
Dalla teoria politica alla sociologia
Montesquieu identifica determinati aspetti delle società: il clima ed il terreno, l’aspetto economico della vita collettiva, il numero di abitanti, la funzione della religione e le distingue poi in cause fisiche e morali.
Ebbene, tutte queste variabili condizionano le istituzioni contribuendo ad orientarle.
Lo spirito generale di una nazione è l’aspetto più importante, è la risultante del clima, dei costumi, della religione, degli esempi del passato e costituisce l’originalità e l’unicità della collettività che è stata plasmata nei secoli da tutti questi fattori (é simile al concetto di cultura della nazione degli antropologi americani).
I fatti e i valori
Per noi moderni il termine legge ha un duplice significato: sia legge come comando che legge come rapporto di causa effetto. Con Lo spirito delle leggi Montesquieu tenta di spiegare quali siano le leggi causali delle leggi comando.
Ad una lettura superficiale potrebbe sembrare che Montesquieu accetti una visione deterministica per cui le leggi dipendano dallo spirito di ogni nazione; tuttavia va evidenziato come vi siano numerosi passi in cui l’autore formuli consigli al legislatore o condanne morali nei confronti di certe istituzioni (la schiavitù). Inoltre egli crede a principi d’equità e giustizia preesistenti alle leggi ed universalmente validi basati sui concetti di uguaglianza e di reciprocità. Queste leggi le hanno gli uomini così come gli animali o le divinità e la vita stessa; tuttavia quelle degli uomini sono violabili perché esso è intelligente ed in quanto tale libero.
Le diverse interpretazioni possibili
L’essenza della filosofia politica di Montesquieu è il liberalismo: la società a cui ambisce è eterogenea e gerarchica ed è una società in cui l’equilibrio dei poteri garantisce la moderazione del potere.
Dal punto di vista sociologico egli si rende conto della complessità degli aspetti che si ritrovano nell’esame di una collettività adoperandosi per trovare un principio unificatore di tale complessità nel concetto di spirito di un popolo.
Interessante è l’utilizzo contemporaneo di pensiero sincronico e diacronico nella spiegazione di una società (egli tenta di spiegare le parti della società si in rapporto le une alle altre, sia con il passato della società stessa).
Montesquieu è contemporaneamente l’ultimo dei filosofi classici (quando ritiene che una società sia definita essenzialmente dal suo regime politico) ed il primo dei sociologi (quando esamina la società globalmente e spiega sociologicamente gli aspetti di una collettività).
Manuale di Sociologia dello sport e dell’attività fisica
Lunedì 16 dicembre, alle 14 presso l’Aula “Berti” del Cinema Nosadella di Bologna, si terrà una tavola rotonda sul tema “La Sociologia per lo sport e l’attività fisica dei cittadini”. Il dibattito prende il via dalla novità editoriale della Franco Angeli Editore, “Manuale di Sociologia dello sport e dell’attività fisica“, firmata da Stefano Martelli e Nicola Porro (Milano 2013, Collana “Sport, Corpo, Società”).
Il libro di Martelli e Porro colma una lacuna presente nel panorama degli studi sociologici italiani. Nonostante alcuni pur pregevoli tentativi, finora nel nostro Paese non è ancora apparso un vero e proprio manuale di Sociologia dello sport e dell’attività motoria. È quanto invece si propone di essere questo volume, che offre una sintesi dei principali risultati ottenuti dalla ricerca italiana ed estera nel campo, però riletti e interpretati all’interno di una impostazione teorica chiaramente riconoscibile e, quindi, suscettibile di stimolare ulteriori studi e ricerche. Si intende dunque offrire uno strumento indispensabile per tutti coloro che vogliono sviluppare la propria professionalità nel campo delle Scienze motorie.
Il manuale si rivolge ai portatori di una nuova cultura del movimento umano, che, diversamente dal passato, oggi cresce meno commentando i fatti sportivi del giorno nei bar, e assai più cercando regolarità empiriche ed evidenze scientifiche nei laboratori e nelle aule universitarie. A tale professionalizzazione in atto il volume contribuisce offrendosi come solida base, sia per operare scelte nell’organizzazione e comunicazione degli eventi sportivi, sia per attuare politiche rivolte alla salute e al leisure della popolazione.
Istruzione, quasi un quarto degli italiani con la quinta elementare
Il post riportato sotto è copia di uno stralcio di quanto riportato nel comunicato stampa ufficiale. La copia è stata realizzata esclusivamente per motivi di studio.
Il link alla comunicazione ufficiale è riportato a conclusione del post.
Dal 47esimo Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese (2013) svolto oggi a Roma, emerge che il 21,7% della popolazione italiana con più di 15 anni ancora oggi possiede al massimo la licenza elementare. Per quanto si tratti di un fenomeno concentrato nelle fasce d’età più anziane, un campanello d’allarme squilla per il 2% di 15-19enni, l’1,5% di 20-24enni, il 2,4% di 25-29enni e il 7,7% di 30-59enni che non hanno mai conseguito un titolo di scuola secondaria di primo grado. E anche per quel 56,2% di ultrasessantenni senza licenza media (23% tra gli occupati) i vantaggi di un “ritorno a scuola” sarebbero indiscutibili per il rafforzamento del loro kit di strumenti utili ad affrontare le sfide della complessità sociale. Inoltre, si è fermato alla licenza media il 43,1% dei 25-64enni. Il circuito vizioso tra bassi titoli di studio, problemi occupazionali e scarsa propensione all’ulteriore formazione è, infine, testimoniato: dalla significativa incidenza tra i giovani Neet di individui con al massimo la licenza media (43,7%); dalla marginale partecipazione complessiva della popolazione adulta ad attività formative, se in possesso della sola licenza elementare (0,8% del totale) o diploma di scuola secondaria di primo grado (1,9%).
L’affermarsi della civiltà moderna
Nelle fasi di studio alcuni argomenti colpiscono maggiormente l’attenzione. Nel proseguire la mia preparazione per gli esami di sociologia generale, ho deciso di pubblicare una porzione di quanto studiato. Ciò che riporto a seguire, quindi, non rappresenta un post a carattere scientifico redatto da un professionista.
Nella seconda metà del diciannovesimo secolo, in Europa, vi fu un processo di cambiamento e di modernizzazione che scalzò il pensiero romantico e spiritualista per far posto al pensiero positivista di progresso in funzione della razionalità scientifica.
Già i termini positivismo,scienza positiva, positivista circolarono in seguito alla pubblicazione del filosofo sociologo Auguste Comte: Cours de philosophie positive.
Comte affermava che lo stadio positivo dell’umanità era strettamente legato all’empirismo ed alla verifica scientifica.
Da questo momento storico si parlerà di cultura e civiltà moderna.
La modernità fondata sul progresso, sulla civiltà industriale, sulla visione laica della vita, sul valore della scienza si contrapponeva alla consuetudine ed al rispetto delle tradizioni, elementi ritrovabili nella fede religiosa e nei ritmi di vita della società rurale.
La convinzione di aver trovato la chiave che poteva aprire le porte della conoscenza portò l’ottimismo ad essere un carattere tipico della civiltà moderna.
Comte formulò la legge dei tre stadi secondo la quale l’umanità come per la psiche umana passa per tre stadi:
- teologico
- metafisico
- positivo
Mentre nel teologico la spiegazione degli eventi umani, naturali e sociali era legata all’intervento di agenti soprannaturali, nello stadio metafisico legato a forze astratte, nello stadio positivo l’uomo smette di chiedersi il perché dell’evento concentrandosi sul suo effetto, scoprendo le leggi che lo regolano e che nella ripetizione si somigliano.
L’applicazione del metodo razionale e dell’analisi dell’evento fu esteso ai fenomeni naturali e sociali.
Modernità e scienza divennero categorie intrecciate tra loro in modo simbiotico in quanto la scienza doveva trovare il modo per superare le difficoltà oggettive per permettere il progresso della modernità e quest’ultima doveva promuovere una sempre più ampia applicazione della razionalità scientifica.
La modernità portò in Europa un miglioramento nelle condizioni di vita aumentando, grazie allo sviluppo industriale, benessere, qualità e quantità di beni alimentari e di prima necessità.
La medicina e l’igiene progredirono in forme positive di miglioramento come anche la scuola, inizialmente prerogativa dei ceti benestanti, aperta anche a classi sociali di minor peso sociale.
Mondo cattolico e marxismo erano in posizioni di opposizione rispetto alla modernità per motivi diversi colpevolizzandola di essere incapace di risolvere problemi di ingiustizia sociale ed essere espressione dell’interesse economico dei capitalisti.
Le origini della sociologia
Nelle fasi di studio alcuni argomenti colpiscono maggiormente l’attenzione. Nel proseguire la mia preparazione per gli esami di sociologia generale, ho deciso di pubblicare una porzione di quanto studiato. Ciò che riporto a seguire, quindi, non rappresenta un post a carattere scientifico redatto da un professionista.
Si incomincia a parlare di sociologia nella cultura europea intorno alla metà del XIX secolo contestualmente alle tre rivoluzioni alla base del mondo moderno:
- l’avvento della scienza moderna: verso la fine del XVIII secolo incomincia a diffondersi la fiducia nella possibilità di estendere allo studio dell’uomo, della società e della cultura gli stessi principi del metodo scientifico che stavano dando ottimi risultati nello studio dei fenomeni naturali.
- la rivoluzione industriale: tra le scienze sociali la prima ad acquisire uno statuto autonomo dalla filosofia fu l’economia politica con Adam Smith (1723-1790): egli cerca di interpretare le trasformazioni sociali in atto in Inghilterra alla luce delle interdipendenze tra i vari gruppi sociali coinvolti nel processo economico; questi gruppi sono legati tra loro essenzialmente da rapporti di scambio e il mercato è l’elemento connettivo della società: sul mercato ogni scambista persegue il proprio interesse egoistico di vendere la propria merce al prezzo più alto possibile e di comprare quella altrui al prezzo più basso possibile. Il meccanismo della concorrenza assicura tuttavia che a prevalere sia l’interesse collettivo alla massima produzione di ricchezza, la mano invisibile che realizza il benessere di tutti. La sociologia nasce da un atteggiamento ambivalente nei confronti del tipo di società moderna: da un lato le rivoluzioni politiche e la rivoluzione industriale venivano viste come tappe decisive verso il progresso, dall’altro lato c’era chi vedeva nelle trasformazioni in atto l’irruzione di interessi senza freno che minacciavano di travolgere l’ordine sociale, politico e morale consolidato. A ciò va aggiunto lo sradicamento di intere masse di popolazione dai loro luoghi di origine e dalle loro abitudini di vita e dalle loro reti di relazioni, l’indebolimento dei rapporti tra generazioni per lo smembramento delle famiglie e l’assenza dei genitori impegnati nelle fabbriche. L’avvento della società industriale comporta il prevalere dei rapporti impersonali di scambio.
- la rivoluzione francese: marca simbolicamente la caduta di un ordinamento politico fondato sul principio dinastico ed il potere assoluto; lo scettro passa simbolicamente nelle mani del popolo da cui i governanti devono ricevere investitura e consenso.
La sociologia nasce per rispondere agli interrogativi posti da queste radicali trasformazioni, la società emerge come oggetto di studio quando i suoi fondamenti sono messi in discussione e quando cambiano i rapporti trai gruppi sociali ed individui.
Cos’è la sociologia
Nelle fasi di studio alcuni argomenti colpiscono maggiormente l’attenzione. Nel proseguire la mia preparazione per gli esami di sociologia generale, ho deciso di pubblicare una porzione di quanto studiato. Ciò che riporto a seguire, quindi, non rappresenta un post a carattere scientifico redatto da un professionista.
La sociologia nasce contemporaneamente ad altre scienze sociali come conseguenza dell’affermarsi della modernità derivante dai fenomeni che hanno cambiato il mondo (rivoluzione industriale, rivoluzione francese, rivoluzione scientifica).
Insieme alla sociologia emergono nuove scienze come la statistica, l’economia, la demografica e la scienza politica.
La sociologia, che come abbiamo visto in precedenza nasce a seguito della modernità, si occupa delle forme, dei processi e dei mutamenti attraverso i quali si realizza la vita comunitaria degli uomini.
Facendo riferimento a Giddens, possiamo definire che la sociologia è “lo studio della vita sociale umana, dei gruppi e della società ed ha come oggetto il nostro stesso comportamento di essere sociali“.
L’ambito della sociologia è estremamente vasto: dall’analisi accidentale degli individui per strada fino all’esame dei processi sociali globali.
In base a quanto detto possiamo dire che “La sociologia ricerca le uniformità e le strutture del comportamento sociali e dei modi (modalità) con cui gli individui interagiscono tra di loro“.
La sociologia si avvale del supporto delle altre scienze sociali come la demografica, l’economia, la statistica e la scienza politica, ma anche del supporto della psicologia e dell’antropologia.
Il sociologo, inoltre, deve mantenere stretto il rapporto con la storia, perché il contesto storico può determinare, influenzare e cambiare l’atteggiamento dell’individuo rispetto alla società.
Il riferimento storico, quindi, fa da quadro al rapporto tra l’individuo e la società.