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Adolf Dassler settantadue anni fa

Adolf Dassler, conosciuto come Adi, ha iniziato a produrre le sue prime scarpe sportive al termine della prima guerra mondiale, aiutato dal padre, Christoph, e dai fratelli Zehlein e Rudolf. Il 18 agosto del 1949 fondò il marchio Adidas (ADI DASsler).
L’azienda ottenne subito un grande successo e guadagnò la ribalta internazionale equipaggiando Jesse Owens durante i Giochi olimpici del 1936.
Il fratello Rudolf in seguito abbandonò l’azienda per fondare la rivale Puma, mentre nel 1975 il figlio Horst fondò la propria azienda, l’Arena, specializzata in abbigliamento per il nuoto.
Tra i ricordi del passato

Guardare di tanto in tanto tra i ricordi del passato, può far scattare delle molle particolari tra le memorie che spingono a riflessioni importanti.
Per quanto mi è stato possibile ho tenuto gli scatti di periodi riferiti all’adolescenza, alla scuola, ai viaggio o agli eventi sportivi. In molti di questi scatti appaiono i vecchi amici e se per la scuola abbiamo realizzato dei gruppi sui social su elementari, medie e superiori, nelle quali i ricordi o gli scatti del nostro album personale sono divenuti oggetto di condivisione, per altri aspetti scatti con gli amici e le vecchie “partner” è stato più difficile creare una “rete” di ricordi in quanto spesso sono state prese strade differenti o si è provato a provato a rimuovere il periodo dalle proprie memorie.
In realtà l’equilibrata osservazione dei vecchi album o dei residui delle singole polaroid ci porta a ricordare le lezioni di vita apprese in quel periodo, fa emergere il desiderio di trascorrere del tempo anche telefonicamente con le persone frequentate o motiva a trovare un contatto.
Purtroppo cercare il telefono di un vecchio conoscente nella vita odierna è divenuto sinonimo di interessi in quanto i sentimenti “debbono” rimanere ben chiusi nel cassetto, mentre nell’osservare un album fotografico è spontaneo che possano tornare a mente le cose che non sono state dette o chieste.
Mio padre parlava due lingue oltre all’italiano ed al siciliano, mi ha spinto a studiarne una delle due e mi ha sempre osteggiato nell’ipotetico studio dell’altra. Quante volte mi son chiesto a cosa fosse legata questa scelta, però non l’ho mai saputo dalle sue parole, ho solo potuto immaginarlo in considerazione che le difficoltà fossero legate alla guerra (la seconda mondiale).
Ma anche l’osservazione dei luoghi può donare un ricordo felice o stimolare la curiosità sul conoscere i cambiamenti della località in questi anni.
Luoghi, cose o animali visti nelle vecchie foto possono donare felicità o tristezza, ma se osservati in maniera equilibrata possono spingere a non commettere errori fatti o recuperare atteggiamenti che forse sono stati abbandonati che in passato ci hanno fatto trascorrere periodi lieti.
Ad onor del vero è più semplice che gli scatti portino a galla episodi felici della nostra vita ed è per questo che non dovremmo mai buttarli e passarli in forma digitale (come sto facendo io) affinché possano essere sempre a portata di mano.
Senza particolare fretta o necessità, dal 4 agosto dello scorso anno ho cominciato ad inserire nell’album “Foto fatte a me” presente nella mia pagina facebook, alcuni scatti che ho potuto recuperare e ho trasferito in digitale. “Scarpe al chiodo” segna il mio ultimo anno da atleta, “Io e Peppe” mi rammenta il corso di avviamento al servizio militare, “Insieme ad Anna” uno scatto con Anna Rita Sidoti (campionessa pluridecorata che rimarrà sempre nei nostri cuori) ed ho proseguito con qualche ritaglio di giornale che è finito anche sul mio blog come immagine a corredo di “Correva l’anno 1975”.
Se in quell’anno c’è stato l’esordio ufficiale in serie C del campionato di pallavolo (che ha seguito quello di Coppa Italia della stagione precedente, ma non documentato con fotografie), oggi propongo quello della stagione successiva che ha sancito il mio esordio in serie B (categoria nella quale siamo stati promossi).
Per una condivisione completa fornisco i nominativi della rosa che componeva la squadra:
Da sinistra in piedi: Dirigente Genovese, Allenatore Torri, Spoto, Cavallo, De Francesco S., Inferrera, De Francesco C., Famà, De Maggio, Preparatore atletico Magazzù, Medico sociale Muscolino, Massaggiatore Scevola;
In ginocchio da sinistra: Vicepresidente Nastro, Storiale, Costantino, mascotte, Presidente Invernizzi, Nicosia, Turbiglio, Schifilliti.
POST CORRELATI
Giocare e praticare sport
Ho letto con piacere l’articolo “Giocare è una cosa seria”, scritto da Alessandra Fasola, pubblicato nel numero di maggio della rivista “FOCUS”.
Ad onor del vero leggo sempre con piacere e con periodicità abbastanza costante quanto pubblicato con i periodici “FOCUS” e “FOCUS STORIA”, due magazine che mi affascinano per gli argomenti trattati e per l’accuratezza con la quale vengono affrontate le tematiche proposte.
Mi piace parlare in particolare dell’articolo della Fasola per l’affinità con il mio lavoro di insegnante e di studente in psicologia.
Quello del gioco è un argomento caro a psicologi, sociologi e filosofi. Da Schaller a Bertin, passando da Huizinga che, nel 1938, ha considerato il gioco come un tratto fondamentale dell’uomo (come trattato in un mio precedente post), hanno trattato quella che sono le caratteristiche fondamentali del gioco: il piacere ed il divertimento (come ribadito nell’articolo dal professor Gianfranco Staccioli, pedagogista e docente di “Metodologie del gioco e dell’animazione” all’Università di Firenze).
“L’attività ludica rappresenta uno stimolo e un allenamento mentale e psicologico, una risorsa molto potente perché basata sul “rinforzo positivo” dato dal piacere.
Un recente studio condotto dall’Istituto Max Planck di Berlino ha mostrato un significativo incremento delle capacità cognitive (orientamento spaziale, pianificazione strategica, memoria e abilità motorie) in un gruppo di adulti coinvolti in brevi sessioni quotidiane di Super Mario 64, mentre all’Università di Rochester (Usa) hanno dimostrato che “allenarsi” con giochi elettronici d’azione aumenta del 25 per cento la velocità nel prendere le decisioni e la capacita di valutare più stimoli contemporaneamente.
Allo stesso tempo il giocare è una formidabile palestra psicologica: Abitua a tollerare le frustrazioni, a elaborare strategie, a sviluppare l’abilita di problem-solving ed a collaborare con gli altri e soddisfa anche alcuni bisogni umani primari, come l’istinto ad affermarsi attraverso la sfida.
L’attività ludica, inoltre, può diventare lo schermo dietro a cui nascondere ossessioni, fobie o difficoltà di relazione.”
I valori pedagogici del gioco appaiono fuori discussione. Ciò che desidero evidenziare, invece, è come nel 2014 ancora possa nascere confusione nel distinguere Educazione Fisica da gioco e sport.
Visto che sul gioco, prendendo spunto dal citato articolo, è stato chiarito molto, va ribadito che l’Educazione Fisica mira allo sviluppo di uno stile di vita più attivo delle persone, verso una dimensione autenticamente culturale, eclettica, olistica e permanente.
L’Agenda di Berlino (messa a punto durante il Summit mondiale dell’Educazione Fisica dell’ICSSPE del 1999) e la Dichiarazione sull’Educazione Fisica del 2000 hanno costituito le premesse per la stesura di un documento nel quale viene riaffermato il concetto di Educazione Fisica come diritto universale basato su valori di interdisciplinarità e di impegno sociale.
Lo sport, da parte sua, rappresenta l’insieme delle attività, individuali o collettive, che impegnano e sviluppano determinate capacità psicomotorie, svolte anche a fini ricreativi o salutari (Sabatini Coletti – Dizionario della Lingua Italiana). Tra le caratteristiche principali delle attività definite sportive troviamo l’uguaglianza nelle opportunità di gareggiare e nelle condizioni della competizione, la specializzazione dei ruoli, la razionalizzazione, l’organizzazione burocratica e la ricerca del record (Enciclopedia delle scienze sociali Treccani -1998).
Manuale di Sociologia dello sport e dell’attività fisica
Lunedì 16 dicembre, alle 14 presso l’Aula “Berti” del Cinema Nosadella di Bologna, si terrà una tavola rotonda sul tema “La Sociologia per lo sport e l’attività fisica dei cittadini”. Il dibattito prende il via dalla novità editoriale della Franco Angeli Editore, “Manuale di Sociologia dello sport e dell’attività fisica“, firmata da Stefano Martelli e Nicola Porro (Milano 2013, Collana “Sport, Corpo, Società”).
Il libro di Martelli e Porro colma una lacuna presente nel panorama degli studi sociologici italiani. Nonostante alcuni pur pregevoli tentativi, finora nel nostro Paese non è ancora apparso un vero e proprio manuale di Sociologia dello sport e dell’attività motoria. È quanto invece si propone di essere questo volume, che offre una sintesi dei principali risultati ottenuti dalla ricerca italiana ed estera nel campo, però riletti e interpretati all’interno di una impostazione teorica chiaramente riconoscibile e, quindi, suscettibile di stimolare ulteriori studi e ricerche. Si intende dunque offrire uno strumento indispensabile per tutti coloro che vogliono sviluppare la propria professionalità nel campo delle Scienze motorie.
Il manuale si rivolge ai portatori di una nuova cultura del movimento umano, che, diversamente dal passato, oggi cresce meno commentando i fatti sportivi del giorno nei bar, e assai più cercando regolarità empiriche ed evidenze scientifiche nei laboratori e nelle aule universitarie. A tale professionalizzazione in atto il volume contribuisce offrendosi come solida base, sia per operare scelte nell’organizzazione e comunicazione degli eventi sportivi, sia per attuare politiche rivolte alla salute e al leisure della popolazione.
Physical Education and Sport at School in Europe
Questo rapporto di Eurydice costituisce il primo tentativo, da parte della Commissione europea, di individuazione dei punti cardine di forza e di debolezza dell’Educazione Fisica a scuola in tutta Europa.